venerdì 1 giugno 2012

STRALCI DI SARA ...





Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle…
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto…
Tienimi per mano…
portami dove il tempo non esiste…
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano…
nei giorni in cui mi sento disorientata…
cantami la canzone delle stelle dolce cantilena di voci respirate…
Tienimi la mano,
e stringila forte prima che l’insolente fato possa portarmi via da te…
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai…
-Herman Hesse-



"Le lacrime sono come la pioggia, qualcosa che va aldilà della capacità di controllo dell'uomo..."


domenica 20 maggio 2012

ORFANI


In questi giorni di totale panico e caos molte persone mi hanno detto:
“Sara Vuoi fare delle belle foto? Perché non vai a fotografare tutte le case crollate!”

Ecco io non ci riesco.

Forse perché in questa zona io ci abito, forse perché il terrore scorre ancora nelle mie  vene… fatto sta che non ci riesco.

Da giorni interminabili   mi sveglio la mattina e non vedo più le pareti della camera da letto, vedo le pareti di metallo della  mia  macchina, alzo la testa e vedo facce conosciute; sono i miei vicini di casa che come me vivono da sfollati in attesa di una perizia di agibilità della loro abitazione.

Carpi una realtà passata in sordina, nessun crollo importante ma  60.000 abitanti che vivono con mezzi di fortuna per le strade.

Case che all’ apparenza sembrano intatte ma che portano su scritto “questo edificio è inagibile”.

Oltre 6.000 richieste di intervento, ad oggi oltre  150 abitazioni inagibili.

Anziani e disabili residenti al 7° piano di condomini immensi che non avendo la prontezza e l’agilità di un ragazzo sono costretti a vivere in macchina o in tenda in attesa che questo terremoto finisca… in attesa che qualcuno possa dirgli “la tua casa è sicura”.

Vedo tutto questo intorno a me e non posso fare altro  che sentirmi orfana di uno stato assente.

Figli di una patria  ingorda che non ti concede neanche la dignità di un cambio di mutande.

E tutto quello che  le forze dell’ordine sono state capaci di offrirci ad oggi sono 3 bagni ecologici e 1 bancale di acqua.

Certo posso andare a fotografare tutti i ricordi di una vita andati in macerie, ma ho scelto di raccontare la storia di un piccolo quartiere che a fatica si sta autogestendo lottando contro la pioggia, il freddo e gli sciacalli pronti a toglierci anche quell’ultimo briciolo di dignità che ci è rimasto.

Sara Bonezzi












 

mercoledì 14 marzo 2012

VOLARE VIA


E' da un po' che io ci penso su
che cosa farei lantano da qui
da tutte queste inutili bugie
che ogni giorno devo vivere
comprendere 

 vorrei volare via
per un momento
dire solo a te
quello che sento
senza aver paura d'amare
senza aver paura... 


 e da un po' che io ci penso su
che strada farei lontano da qui
lontano dai rumori e dalle immagini
che ogni giorno vedo intorno a me
e dentro me... 


vorrei volare via
per un momento
dire solo a te
quello che sento
non aver paura d'amare
si', non aver paura...  


 io ti nascondero'
dietro ai miei occhi
e ti difendero'
da mille attacchi
senza aver paura d'amare
senza aver paura... di te 



Autore Testo: Neri per Caso





lunedì 5 marzo 2012

LUCA MASCIA SI RACCONTA


 
           Caro Diario...
Sette gennaio 1981: era un mercoledi il giorno in cui sono nato. Da quanto mi hanno raccontato e da quello che posso desumere da solo la mia vicenda è stata molto avventurosa.
Per varie cure e motivi al quanto intrigati, mi sono duvuto allontanare molti mesi e lunghi anni dall’Italia che hanno creato  in me molte difficoltà, sia nell’ambito scolastico che negli ambiti esterni. 
Era il 1983 l’anno in cui il nostro medico di famiglia ci indicò un centro di terapia in Cecoslovacchia. I miei genitori decisero di portarmi in quest’ospedale che si trovava a cento kilometri dopo Praga, il paese si chiama Zeleznice. A quell’epoca vi era il comunismo. E come si può immaginare, quando ci sono queste forme di governo la libertà e i diritti del singolo passano in secondo piano. 
 

Man mano che io crescevo ricordo i molti discorsi che terapiste, infermiere, medici e altri dipendenti dell’ospedale facevano con i nostri genitori su come era difficile vivere il quotidiano in un’ambiente di quel genere. Per rendere meglio l’idea, un pomeriggio, dopo aver fatto come tutti i giorni terapia al mattino e i compiti dopo pranzo, mia mamma aveva deciso di portarmi un po’ fuori per farmi svagare e rendere la giornata meno pesante. Mentre facevamo un giro nel paese, vediamo in lontananza un gruppetto di tre persone che stavano tranquillamente parlando, ma ad un certo punto si avvicina un militare per separarli. La motivazione di questo gesto era data solo dalla paura di qualche “complotto” nei confronti del governo di quell’epoca e della situazione politica.
Vista con gli occhi di un bambino quella scena non mi aveva creato nessun tipo di emozione, ma quando uno diventa grande e ci ragiona solo un po’, capisce, o dovrebbe capire che nessuna spiegazione può giustificare un gesto del genere e che tutto ciò, come ho scritto alcune righe prima, lede solo il libero pensiero dell’individuo. 
 

Tornando al discorso precedente, per non rimanere indietro, la mia maestra in accordo con i miei genitori mi organizzava il programma scolastico da portarmi nei mesi in cui non frequentavo.
Ricordo di quando le maestre dell’asilo mi facevano arrivare in istituto dei disegni accompagnate a delle letterine firmate da tutti i bambini. Oltre a questo vi erano anche degli esercizi di insiemistica.
Il fatto di ricevere loro notizie attraverso la posta mi faceve sentire parte della classe anche a kilometri di distanza. 
Iniziando le scuole medie, ho smesso di andare in Cecoslovacchia, ma non ho smesso di fare terapia. Non potendo andare più in ospedale, in primo luogo per il mancato aiuto economico che per tanti anni la Regione Emilia-Romagna ci forniva ed in secondo luogo per la situazione politica che all’inizio degli anni ’90 si era venuta a creare, cioè la separazione del paese in Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca avevamo deciso di far venire in Italia la mia terapista, tutto questo è andato avanti per quasi dieci anni.
Ho iniziato a giocare a hockey in carrozzina nel 1997 all’interno della Polisportiva Antal Pallavicini di Bologna. 


Dal 2009 gioco nella squadra di Modena (sen martin) Alle spalle abbiamo una federazione (FIWH), che organizza un campionato nazionale riconosciuto dal CONI e dal Comitato Italiano Paraolimpico. L’obbiettivo della squadra non è l’agonismo, non è vincere il campionato (anche se vincere qualche partita ai ragazzi fa bene, gli dà ancora più forza) ma è quello di far uscire i ragazzi disabili di casa! Purtroppo in Italia le patologie più gravi quali distrofia muscolare, SLA, SMA, tetraparesi spastiche vivono ancora spesso chiuse in casa davanti a un computer o a una televisione; mancanza di cultura, vergogna da parte dei genitori o degli stessi ragazzi a noi non importa, a noi piacerebbe cambiare questo andamento!!!!  


 I risultati finora ottenuti nella nostra breve storia ci danno la forza per andare avanti e continuare ancora più forte; vedere ragazzi “cresciuti” mentalmente e fisicamente solo perchè hanno avuto la possibilità di uscire di casa, stare in gruppo e confrontarsi con altri ragazzi con gli stessi problemi è qualcosa di veramente bello.
Vedere i genitori confrorntarsi con altri genitori, vedere che anche loro socializzano e si scambiano le loro esperienze traendone forza è ancora più spettacolare. 

                                                                                                                        Luca Mascia

 

venerdì 24 febbraio 2012

INFINITY

 "Dio non può essere ovunque: 
è per questo che ha creato le madri."
 (Leopold Kompert)